Il nemico della vite
La nemica n. 1 della vitis vinifera
Nel 1800, l’enorme quantitativo di scambi commerciali tra il continente europeo e quello americano causò l’importazione di alcuni parassiti che andarono ad intaccare le viti in Italia e all’estero. Uno di questi fu la Fillossera, un afide che si nutre delle sostanze fondamentali al sano mantenimento della pianta e che ne garantiscono la produttività. Il problema principale era costituito dal fatto che la vite americana resisteva meglio all’attacco della fillossera rispetto a quella europea: mentre nel primo caso il parassita si soffermava sulle foglie indebolendole ma non traumatizzando in modo definitivo l’intera pianta, nel secondo caso riusciva ad assalirne direttamente le radici, interrompendo del tutto la trasmissione di acqua e sali minerali essenziali alla sua sopravvivenza.
Tale evento costituì un durissimo colpo per i produttori di vino, fino a che non venne messo in pratica il cosiddetto innesto, che consiste nell’utilizzo combinato delle radici di vite americana con la parte epigea (fuori dal terreno) di vite europea: le prime contrastavano diligentemente la fillossera, la seconda rendeva al meglio la produzione di uva.
Ormai l’innesto è un metodo consolidato per tenere sotto controllo l’antipatico afide, il quale, però, non è forte a tal punto da riuscire ad insinuarsi in qualsiasi tipo di terreno. Vista la predilezione dell’afide per i terreni argillosi, quelli sabbiosi, con ciottoli o comunque non compatti, consentono di coltivare i vitigni a piede franco, che non necessitano quindi di innesto. Un altro contesto che allontana spontaneamente la fillossera è l’ambiente montano con temperature piuttosto rigide che fungono da antiparassitario naturale.
Nonostante sia buona norma e regola non abbassare mai la guardia nei confronti della nemica storica della vitis vinifera, attualmente alcune delle difficoltà maggiori che si incontrano nella sua coltivazione sono legati al clima, il quale diventa sempre più difficile da prevedere, senza dimenticare il riscaldamento globale e le periodiche gelate primaverili che possono comportare notevoli complicazioni.