Fuga a Valencia
Oltre ai vini made in Italy, la cui fama è indiscussa, è bello esplorare anche terre meno conosciute dal proprio palato. Dovete sapere che una parte del mio cuore appartiene alla Spagna, che ancora non ho avuto modo di vedere interamente. Nello specifico, finora ho visitato la magica Siviglia (prima o poi un tour dell’Andalusia devo farlo) e sono stata tre volte a Valencia. Valencia non è una città che ti toglie il fiato come altre località dall’influsso arabo più evidente e d’impatto, bisogna perdervisi per apprezzarla davvero.
Ci sono ritornata proprio quest’anno, prima dell’avvento del Corona Virus che tutt’ora continua a trasformare le nostre vite. Una fuga di tre giorni mi ha permesso di staccare dalla quotidianità nonché di provare un Mil cepas Cencibel 2017, prodotto dal vitigno tipico spagnolo denominato Tempranillo, da temprano che in spagnolo significa “precoce”. L’etimologia suggerisce una particolarità di tale uva a bacca rossa, vale a dire la precocità di maturazione.
La maturazione precoce comporta un’acidità peculiare nel vino che ne deriva, soprattutto nelle annate più giovani; con l’invecchiamento in botte, invece, le componenti dure al gusto si ammorbidiscono, sfumando gradualmente l’eccessiva acidità e i tannini responsabili della sensazione di astringenza in bocca. Nel caso da me degustato (e aggiungerei apprezzato), il legno della botte aveva già contribuito a smussarne i tratti più spigolosi.
Ho avuto il piacere di scoprirlo grazie al locale “Taberna Teca” (trovate il link diretto a fine pagina). Una taverna, appunto, dove si incontrano esperienze sensoriali differenti, le quali uniscono musica e cultura alle sfiziose e raffinate tapas, abbinate ad eccellenti vini e birre artigianali.
Infatti, il Mil Cepas Cencibel ha accompagnato un pranzo che includeva una selezione di formaggi molto stagionati sia vaccini che di pecora e capra e la tipica ricetta Huevos Rotos con Txistorra o chistorra: un connubio di patate, salsiccia e uova all’occhio adagiate al di sopra del composto, da “rompere” e distribuire solo nel momento della consumazione.
La giusta presenza di tannino e l’acidità dosata dal periodo di invecchiamento in botte del vino hanno permesso il pieno intreccio gustativo tra quest’ultimo e le pietanze di cui sopra. Gli ingredienti saporiti dei piatti venivano sostenuti degnamente da un vino strutturato seppur non invadente, grazie anche alla gradazione alcolica di 14% vol. che contribuisce ad arrotondare le percezioni del palato.
E’ stata una bella scoperta, spero passi quanto prima il picco di emergenza maggiore dell’antipatico Covid-19, così da tornare ad esplorare una delle nazioni dal suolo vitato più esteso.
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